Modelli di Navi Militari a vela

Aliscafo passeggeri “Beppino”

Aliscafo passeggeri “Beppino”

Franco Tommasino

Aliscafo passeggeri “Beppino”
della classe russa “Kometa”

Modello navigante costruito a Chiavari nel 1985

M.M.T.A. - Invent. n. 033

Materiali: alluminio, legno, rame, acciaio, ottone, bronzo, plastica, fibra di vetro e polistirolo, base legno
Dimensioni: cm 125x43x40
Scala: 1:32

Il modello rappresenta uno degli aliscafi passeggeri in servizio fra Piombino e l’Isola d’Elba. E’ dotato di un motore a scoppio da 1,2 CV e pesa circa 6 Kg. Il radiocomando aziona le eliche, i timoni, le luci e la sirena. Aumentando la velocità si solleva progressivamente sulle ali. Il primo aliscafo sovietico della classe “Kometa” fu costruito nel 1961 dai Cantieri di Leningrado (San Pietroburgo), sviluppando le concezioni dell’ingegnere tedesco von Schertel. Grazie alla linea elegante e all’economicità di esercizio, le unità di questo tipo ebbero larga diffusione nel mondo. Nel 1968-69 uscì la serie M, con modifiche ai motori, al radar e alle ali posteriori, oltre ad un miglioramento generale dell’abitabilità. La navigazione in condizioni di mare mosso è garantita sulle ali con onde fino a 2 metri di altezza e in dislocamento con onde fino a 3 metri. Dimensioni: lunghezza m 35,1; larghezza m 9,6; altezza m 6,9; dislocamento a vuoto 42 tonn.; dislocamento a pieno carico 57 tonn.; capienza 116 persone; equipaggio 5 uomini. La propulsione è fornita da due motori Diesel da 1.100 CV, per una velocità di 34 nodi. La navigazione ad alta velocità ha sempre comportato dei problemi e neppure l’introduzione dei motori a combustione interna è riuscita a risolverli. Un natante è tanto più veloce quanto più il suo scafo ha una forma adatta a vincere la resistenza dell’acqua, utilizzando il minimo della forza propulsiva. La resistenza dell’acqua all’avanzamento è la risultante di diverse resistenze parziali: quella derivante per l’attrito, quella provocata dalle onde suscitate dal passaggio dello scafo e quella causata dai vortici che si formano a poppa. Seppure in misura inferiore, anche l’aria ostacola l’avanzamente. Infine va aggiunta la cosiddetta “resistenza da propulsione”, causata dalle perturbazioni generate nell’acqua dalla rotazione delle eliche. Quindi, per guadagnare in velocità, occorrono scafi robusti e leggeri, di forme particolari, atti a sollevarsi sull’acqua, in modo da eliminare in tutto o in parte la resistenza. In questo modo si ottiene la cosiddetta “navigazione planata”, diversa da quella immersa perché, grazie al sostentamento dinamico parziale, il natante può staccarsi dal sistema di onde che produce, lasciando l’onda lontana a poppa. A questo scopo vennero studiate delle carene speciali. Le prime erano di forma arrotondata, poi seguirono quelle con il profilo a “V” molto acuta a prua e ad angolo ottuso a poppa. In seguito furono realizzate carene con gradini trasversali (redan) che permettevano il sollevamento dello scafo, facendolo poggiare sullo spigolo del gradino. Infine vennero introdotti gli scafi a tre punti, costituiti da due elementi a forma di parallelepipedo, detti “scarponi”, posti lateralmente allo scafo a fondo piatto. Appoggiandosi sull’elica immersa e sugli spigoli degli scarponi -da cui il nome a tre punti- grazie all’aria che vi si incanalava, lo scafo aveva maggiori possibilità di sollevarsi. In base a tali esperienze, si pensò di munire le carene di piccole superfici d’appoggio, o pattini, opportunamente profilate, che consentissero allo scafo di rimanere emerso durante il moto. Chiamati “ali” per la loro somiglianza con le ali degli aerei, essi diedero il nome a un particolare tipo di scafo e di natante. L’aliscafo può avere l’ala che sfiora la superficie dell’acqua o l’ala immersa. La propulsione è fornita da eliche marine, aeree o da idrogetti. Quest’ultimo sistema consiste nel proiettare in senso contrario al moto una certa massa d’acqua, aspirata a prua e pompata verso poppa a forte pressione, determinando una reazione che spinge in avanti l’imbarcazione. Alla fine del XIX secolo, con l’introduzione del motore a combustione interna, si cominciò a costruire motoscafi veloci muniti di carene speciali. Ulteriori studi, compiuti nei primi anni del nostro secolo in base ai primi esperimenti aeronautici, portarono a realizzare delle imbarcazioni propulse da un’elica aerea e dotate di carena planante, chiamate idroplani. Fu un ingegnere italiano, Enrico Forlanini, famoso progettista di mezzi aerei, come l’elicottero e il dirigibile, a studiare e sperimentare per primo battelli ad alta velocità. Egli sviluppò l’idroplano con l’introduzione di alette sostentatrici che, a certe velocità, mantenevano emerso lo scafo durante la navigazione. Nacque così l’aliscafo. Tra il 1902 e il 1904, l’ing. Forlanini ne realizzò sette esemplari, con alette di forma diversa e propulsione a elica immersa o aerea, e li provò sul Lago Maggiore. Il suo idroplano N° 7, costruito nel 1904, dotato di un motore da 100 CV ed elica aerea, raggiunse la velocità di 82 Km/h. Nel 1914 ne vendette i brevetti ad Alexander Graham Bell, l’inventore del telefono. Questi costruì negli Stati Uniti un grande idroplano, pesante circa 5 tonnellate, dotato di un motore da 700 CV, che era in grado di raggiungere la spettacolare velocità di 112 Km/h. Nel 1927, la compagnia di navigazione tedesca Colonia-Dusseldorf ordinò il primo aliscafo per il trasporto di passeggeri sul Reno ad Hans von Schertel. Negli anni Cinquanta ci fu un rinnovato interesse per questo tipo di imbarcazioni. Negli Stati Uniti, la Lockheed realizzò una cannoniera ad ala immersa e la Boeing ne costruì una versione a idrogetto. Anche l’U.R.S.S. fabbricò grandi aliscafi, sia a scopi militari, sia per il trasporto di passeggeri. Nel 1954, i Cantieri Rodriguez di Messina vararono il primo aliscafo ad “ali portanti” del mondo, con una stazza di 27 tonn. e una capienza di 80 passeggeri. Nel 1982, ai vari modelli che prestavano servizio lungo le coste e sui laghi italiani, si aggiunse il “Superjumbo”, costruito dal medesimo cantiere, un vero gigante nel suo genere, con una capacità di trasporto di 250 passeggeri e un sistema elettronico di stabilizzazione controllato da un computer, per assicurare le migliori condizioni di comfort e di sicurezza ai viaggiatori.

Origine

Donazione Franco Tommasino

Data

02 Aprile 2018

Tags

a motore, navigante

Informazioni

Il Museo è accolto nella caserma della Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate a Chiavari.

Per visite al Museo, trattandosi di istituzione militare, occorre prenotarsi con tre giorni di anticipo