Turbonave italiana “Michelangelo”
Franco Tommasino
Turbonave italiana “Michelangelo”
Modello navigante costruito a Genova nel 1964
M.M.T.A. - Invent. n. 037
Materiali: legno di cirmolo, balsa ricoperta di Vipla, ottone, plastica, acciaio, stoffa; su base legno.
Dimensioni: cm 141x16x38
Scala:1:200
Il modello è dotato di motori elettrici. Il radio-comando, a quattro canali simultanei, aziona le macchine, la timoneria, i quattro stabilizzatori e il radar. Tuga sollevabile per accedere al vano interno. Un interruttore permette di accendere le luci di bordo. Ecco la storia del modello secondo le parole dell’autore:
“Nel 1960, finite le Olimpiadi di Roma, durante le quali ero stato impegnato con la RAI per trasmettere le varie fasi dei giochi, ritornai al mio lavoro normale, che mi lasciava molto tempo libero. Allora si risvegliò in me un desiderio che covavo sin dall’infanzia. Volevo costruire un bel modello, tutto per me, navigante, radiocomandato, da poter varare ecc. Essendo nato in un cantiere, l’unico spettacolo che mi sarebbe piaciuto vedere era la nascita di una nave, la costruzione e il varo. Un giorno ebbi l’occasione di andare a intervistare nel Cantiere di Sestri Ponente l’ingegner Cristofori, mentre stavano progettando due nuovi transatlantici, che avrebbero preso i nomi di “Michelangelo” e “Raffaello”, e gli espressi il mio desiderio. Lui mi accontentò e mi fece avere il trittico, cioè i disegni di quelle nuove costruzioni (sezione longitudinale, sezione trasversale e ponti, ndc.). Mi misi subito all’opera cominciando con il procurarmi un blocco di legno di cirmolo, fatto con alcune tavole incollate. Lavorando di scalpello e pialla, venne fuori il profilo dello scafo, molto bello. Ma che faticaccia per scavarlo! All’inizio usai una trivella, e poi lo scalpello per giorni e giorni, finché ridussi le pareti sottili come le fiancate di una nave. Feci le prove in acqua per saggiarne la galleggiabilità e i risultati furono soddisfacenti. Cominciai allora le sovrastrutture. Non tenendo conto che nella nave vera erano di alluminio, abbondai troppo nei pesi e mi accorsi che lo scafo non reggeva. Pesava 1.500 grammi, mentre il massimo consentito era di 900, per cui dovetti ridurlo fino a che non trovai la giusta stabilità. Il modello assomigliava alla nave vera. Ero soddisfatto del mio lavoro. Appena finito, l’Ansaldo me lo richiese per fare delle fotografie e apparve in televisione nel documentario “Ultimo Varo”. Il modello fu portato a bordo della “Michelangelo” durante le prove e il viaggio inaugurale in America e in seguito ha partecipato a centinaia di mostre.
La “Michelangelo” partì per una crociera inaugurale nel Mediterraneo il 12 maggio 1965. Alla fine dell’anno dovettero essere sostituite le eliche, che provocavano fastidiose vibrazioni, e la sua velocità massima salì a 31 nodi. Nell’aprile del 1966, la nave fu investita da una violenta tempesta in pieno Atlantico, mentre era in navigazione verso gli Stati Uniti. Onde alte più di dieci metri la investirono di prua, tanto che fu costretta a mettersi alla cappa per alcune ore. Un maroso gigantesco, la cui altezza fu valutata intorno ai quindici metri, si abbattè sulle sovrastrutture con una tale forza da sfondare parte delle lamiere e causare danni rilevanti. Due passeggeri e un membro dell’equipaggio persero la vita in quell’occasione. Con il passare del tempo, la gestione dei due transatlantici si fece sempre più onerosa, a causa degli alti costi operativi, tanto che le perdite superavano i 700 dollari per passeggero trasportato. Per recuperare in parte questo deficit, durante la bassa stagione venivano impiegati per delle crociere nei Caraibi, con partenza da New York. In seguito alla crisi petrolifera del 1973, che portò a livelli insopportabili il costo del carburante, la compagnia armatrice decise di ridurre il servizio di linea a pochi viaggi all’anno. Nel 1975 cessò il sussidio governativo e le due navi furono poste in disarmo e lasciate affiancate nella baia di Portovenere. Iniziò così la ricerca di qualche potenziale acquirente che volesse farsi carico del loro mantenimento. Ci fu anche la proposta di utilizzarle come cliniche galleggianti per la cura e la ricerca sul cancro. L’unica offerta accettabile fu quella formulata dal Governo Iraniano, che intendeva usarle come caserme galleggianti per gli ufficiali di marina e alloggio per i tecnici stranieri impegnati nella realizzazione di infrastrutture portuali nel Golfo Persico. Il contratto di cessione venne stipulato nel dicembre 1976 e subito dopo iniziarono i lavori di trasformazione per adattarle alle nuove condizioni operative. L’8 luglio 1977, le due unità salparono per l’ultima volta le ancore dal porto di Genova. Attraversati il Canale di Suez e il Mar Rosso, doppiarono la punta meridionale della Penisola Arabica e raggiunsero le rispettive destinazioni nel Golfo Persico: la “Michelangelo” a Bandar Abbas e la “Raffaello” a Bandar Busheir, ove furono consegnate personalmente allo Shah di Persia Reza Palhevi. Dopo l’avvento della Repubblica Islamica nel 1979, esse furono lasciate in stato di semi-abbandono, prive di manutenzione e senza protezione. Nel corso della guerra con l’Iraq furono gravemente danneggiate da attacchi missilistici. Probabilmente il relitto della “Raffaello” giace ancora su un basso fondale nel Golfo Persico. La “Michelangelo”, invece, essendo capace di galleggiare, nel 1986 venne ceduta a un demolitore pakistano che provvide a rimorchiarla fino a Karachi e a smantellarla completamente.