Motonave italiana “Neptunia”
Motonave italiana “Neptunia”
Modello navigante costruito a bordo nel 1951
M.M.T.A. - Invent. n. 029
Materiali: lamierino zincato, verniciato a mano, ottone, legno, rame; su basamento di legno
Dimensioni: cm 65x10x19
Scala: 1:300
Il modello, composto da scatole di sardine saldate, fu realizzato a bordo da un membro dell’equipaggio e donato al comandante Ernani Andreatta senior.
Alla fine degli Anni Quaranta, passata la bufera della guerra, il “Lloyd Triestino” programmò la costruzione di sette motonavi miste, destinate a sostituire quelle più vecchie e a rinverdire i fasti della compagnia sulle linee tradizionali. Tre di esse, quelle di maggiore stazza, erano destinate alla rotta australiana, la più classica della società triestina e furono tutte impostate sugli scali del cantiere San Marco. Il primo scafo scese in mare il 21 maggio 1950 con il nome di “Australia”, seguito dalla “Oceania” il 30 luglio e dalla “Neptunia” il 1° ottobre dello stesso anno. Le tre unità vennero rapidamente completate e iniziarono il servizio commerciale rispettivamente nell’aprile, agosto e settembre 1951. Le loro dimensioni erano: lunghezza m 161; larghezza m 21,1; altezza m 8,1; stazza lorda 12.839 tonn. Le navi si elevavano per sei ponti sopra la chiglia (di cui tre estesi per tutta la lunghezza) e avevano lo scafo suddiviso in dieci compartimenti stagni. La prora aveva andamento arcuato e leggermente sporgente in avanti, la poppa era a incrociatore. Il castello risultava ben evidente, mentre il blocco delle sovrastrutture era contenuto nelle dimensioni e raccolto nella zona centrale. A poppa si trovava una bassa tuga separata dal resto. L’albero di segnalazione a tripode e il fumaiolo con il profilo aerodinamico erano anch’essi collocati a centro nave. I settori estremi erano occupati dalle attrezzature per la movimentazione delle merci, con due bighi a prua e uno a poppa. Esteticamente gradevoli e ben proporzionate, le navi denunciavano a prima vista la loro vocazione mista, a causa delle limitatezza delle sovrastrutture e della presenza del castello. Le sistemazioni per i passeggeri, divisi in tre classi, erano di buon livello, con alloggi e locali sociali arredati secondo il gusto moderno e funzionali. Esse potevano trasportare fino a un massimo di 792 persone, con un equipaggio di 235 uomini. L’apparato motore consisteva in una coppia di Diesel lenti Sulzer-C.R.d.A. (Cantieri Riuniti dell’Adriatico) a due tempi e ad effetto semplice, per una potenza complessiva di circa 14.000 CV su due eliche e una velocità di servizio di 18 nodi. Dopo alcuni anni di servizio onorevole sulla lunga rotta intercontinentale, nel 1959 tutte le unità della classe “Australia” vennero mandate in cantiere per una serie di lavori di ammodernamento, riguardanti specialmente le infrastrutture per i passeggeri. Nell’occasione, le classi furono ridotte a due e vennero soppressi i pozzi di carico prodieri, prolungando i castelli fino a congiungerli con il blocco delle sovrastrutture (di conseguenza la stazza crebbe arrivando a 13.140 tonn). Così migliorate, le tre navi continuarono ad operare in linea australiana per altri quattro anni, fino al 1963 quando, con l’entrata in servizio delle più moderne e lussuose “Galileo Galilei” e “Guglielmo Marconi”, vennero trasferite in blocco alla consorella “Italia Società Anonima di Navigazione” e impiegate per il collegamenti con il Centro America e il Sud Pacifico. Con il passaggio di proprietà esse furono ribattezzate rispettivamente “Donizetti”, “Rossini” e “Verdi” e negli ambienti marittimi dell’epoca divennero note come la classe “Musicisti”. Per tredici anni consecutivi frequentarono regolarmente gli scali di Guayaquil, Callao e Valparaiso, incontrando sempre il favore della clientela che amava il loro tranquillo procedere. Ma la loro lunga carriera volgeva ormai al termine e nel 1977 furono demolite presso un cantiere spezzino.