Modelli di Navi Militari a vela

Turbonave italiana “Rex”

Turbonave italiana “Rex”

Franco Tommasino

Turbonave italiana “Rex”

Modello navigante costruito a Chiavari nel 1982

M.M.T.A. - Invent. n. 027

Materiali: vetroresina, compensato, ottone e plastica; su basamento di legno
Dimensioni: cm 135x17x51
Scala: 1:200

Due motori elettrici azionano le quattro eliche, i timoni e le luci. I ponti sono tutti illuminati, compresi quelli di paseggiata. Il “Rex” venne costruito dal Cantiere Ansaldo di Sestri Ponente per conto della Navigazione Generale Italiana. Fu impostato il 27 aprile 1930, varato il 1° agosto 1931 e consegnato il 25 settembre 1932. Le sue dimensioni erano: lunghezza m 268, 20; larghezza m 31; altezza m 18,5; pescaggio m 10,07; stazza lorda tonn. 51.062. Sin dall’inizio, insieme con il gemello “Conte di Savoia”, costruito a Trieste per conto del Lloyd Sabaudo, era stato progettato per battere in velocità i migliori liners inglesi, francesi e tedeschi e conquistare il Nastro Azzurro, il trofeo destinato alla nave che avesse attraversato l’Atlantico nel minor tempo. Lo scopo era duplice: affermare il prestigio dell’Italia nel mondo, offrendo un esempio dei prodigi della tecnica realizzati dall’industria nazionale, e conquistare una fetta del mercato del trasporto passeggeri lungo la rotta più prestiosa e remunerativa, quella tra l’Europa e New York. Con il nuovo “Super Espresso”, come venne chiamata la nave, si sperava di attirare la ricca clientela nord-americana con un lussuoso esempio dello stile italiano, sottraendola ai tradizionali rivali della Cunard, della Compagnie Générale Transatlantique e del Norddeutscher Lloyd. In tal modo si voleva pubblicizzare la cosiddetta “Rotta del Sole”, quella dal Mediterraneo agli Stati Uniti, in contrapposizione alla “Rotta del Nord”, che partiva dalla Manica, più breve ma caratterizzata da pioggia, freddo e nebbia. Il “Rex” era considerato uno dei più bei transatlantici degli Anni Trenta: aveva linee slanciate, alberi alti e sottili, due fumaioli corti ed ellittici, spostati a proravia e leggermente inclinati verso poppa, per offrire la minima resistenza all’aria. Lo scafo, del tipo a sovrastruttura completa, aveva dodici ponti, dei quali cinque continui da prora a poppa e quattro di passeggiata, e quattordici paratie trasversali che dividevano la nave in quindici compartimenti stagni. L’opera viva, risultato di lunghe esperienze nella vasca Froude, era una creazione originale dei progettisti Ansaldo: prora a bulbo, poppa ellittica, con ingrossamento al galleggiamento e timone tipo Oertz ad azione idrodinamica. Il tutto per garantire elevate prestazioni velocistiche e buoba stabilità in navigazione. L’apparato motore, costruito dallo Stabilimento Meccanico Ansaldo di Sampierdarena, comprendeva dodici caldaie a tubi d’acqua, di cui otto a doppia fronte, che alimentavano quattro gruppi di turbine Parsons-Curtiss, per una potenza di 136.000 CV su quattro assi. Le eliche quadripale di bronzo avevano un diametro di 4,74 m e un peso di 16 tonnellate ciascuna. La velocità massima era di 29,61 nodi. La nave poteva accogliere 370 passeggeri in prima classe, 378 in classe speciale, 410 in classe turistica e 866 in terza classe, per un totale di 2.032 viaggiatori. L’equipaggio comprendeva 59 ufficiali, 258 tra marinai, fuochisti e macchinisti, 90 cucinieri, 450 camerieri e uno stuolo di professionisti, tra cui 11 professori d’orchestra, due bagnini, 15 pompieri, un argentiere e 7 membri dello staff medico, per un totale di 870 persone, più alcuni impiegati statali per l’Ufficio Poste & Telegrafi. Durante la sua costruzione, la N.G.I. si fuse con il Lloyd Sabaudo di Torino e la Cosulich di Trieste, per formare la nuova compagnia Italia-Flotte Riunite, secondo il piano di ristrutturazione della marina mercantil voluto dal Governo per superare la crisi e battere la concorrenza straniera. Madrina del varo fu la regina Elena di Savoia. Per completare l’allestimento occorse più di un anno: basti pensare che per saldare tutte le lamiere del suo immenso scafo erano stati impiegati oltre sei milioni di chiodi. A bordo c’erano piscine, cinematografi, sale da ballo, saloni di ricevimento, giardino d’inverno, biblioteca e nurseries. Lo studio degli interni era stato affidato all’architetto Monti di Milano e la realizzazione alla Ditta Ducrot di Palermo. Su un numero dell’epoca della rivista “La Marina Italiana” si legge che per l’arredamento “... si è accoppiato il Settecento con il modernissimo, senza un contrasto, senza una stonatura, anzi con un’armonia che non si può spiegare se non con il gusto dei decoratori e degli artisti”. Secondo alcuni commentatori stranieri, però, la nave non mostrava il lusso e lo sfarzo di altri prodotti della cantieristica italiana degli Anni Venti. Il motivo era che i progettisti avevano puntato tutto sulla potenza dei motori, il vero cuore del transatlantico, sacrificando un po’ le sistemazioni per i passeggeri. Comunque si trattava di sottigliezze, perché le cabine e i saloni del “Rex” erano degni di stare alla pari con quelli dei migliori concorrenti. Il viaggio inaugurale si svolse il 27 settembre 1932, con a bordo 278 passeggeri di prima classe, 378 di classe speciale, 410 di turistica e 806 di terza. Fu un vero trionfo. Erano giunte prenotazioni da ogni parte del mondo e la nave risultava al completo (per tutti gli anni in cui prestò servizio, il “Rex” viaggiò quasi sempre al completo, ma nonostante ciò i costi di gestione erano così alti che il suo bilancio fu sempre in passivo). La traversata che portò alla conquista del Nastro Azzurro iniziò da Gibilterra il 12 agosto 1933 e si concluse a New York, il mattino del 16 agosto, dopo aver percorso l’oceano in quattro giorni, 13 ore e 58 minuti, alla fantastica media di 28,92 nodi, con una punta di 29,61 nodi sulle ventiquattr’ore. Allo scoppio della guerra, la nave fu trasferita da Genova a Venezia, dove la si riteneva più al sicuro dalle incursioni aeree nemiche. Durante il viaggio fu dirottata a Pola, una base meglio protetta. Ma nemmeno questa sarebbe stata la sua destinazione finale perché, il 15 agosto 1940, venne portato a Trieste con armamento ridotto. Il 9 settembre 1943, dopo aver occupato la città, i Tedeschi sequestrarono la nave e la svaligiarono. Il 3 maggio dell’anno successivo, la inquadrarono nella loro flotta e il 5 settembre la rimorchiarono a Capodistria. Quella stessa notte, però, un raid aereo inglese la colò a picco e i pochi resti vennero saccheggiati dalle popolazioni slave della costa.

Origine

Donazione Franco Tommasino

Data

30 Marzo 2018

Tags

a motore, navigante

Informazioni

Il Museo è accolto nella caserma della Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate a Chiavari.

Per visite al Museo, trattandosi di istituzione militare, occorre prenotarsi con tre giorni di anticipo