Modelli di Navi Militari a vela

Goletta a palo italiana “Giovanni”

Goletta a palo italiana “Giovanni”

Goletta a palo italiana “Giovanni” (Ernani)
a vele spiegate

Modello costruito in Italia nel secondo quarto del XX secolo

M.M.T.A. - Invent. n. 004

Materiali: legno, corda, stoffa e acciaio; su basamento di legno
Dimensioni: cm 51x11x35
Scala 1:120

Scala:Scafo a ossatura e fasciame; un albero a velatura mista (quadra e aurica), due alberi a vele auriche, più bompresso e fiocchi; castello a prua; cassero a poppa; due tughe; un boccaporto; due gru di capone; due ancore; una scialuppa sospesa a poppa; polena a forma di testa di guerriero con elmo; due barili; campana; verricello, argano; i boma delle vele auriche si possono issare per terzarolare o ammainare le vele; opera viva di colore verde; opera morta di colore bianco; specchio di poppa decorato con fregio e scudo araldico. La goletta, in inglese “schooner”, nacque sulle coste della Nuova Inghilterra, come evoluzione di precedenti imbarcazioni costiere olandesi. Grazie alla sua attrezzatura composta da due alberi a vele auriche più bompresso e fiocchi, era in grado di raggiungere velocità elevate anche con venti sfavorevoli e poteva muoversi agevolmente fra le insenature e le foci dei fiumi. Inoltre richiedeva un equipaggio più ridotto rispetto alle navi a vele quadre, perché le rande poteva essere manovrate direttamente dal ponte con l’ausilio di verricelli. Gli armatori americani la usavano soprattutto per il commercio con le Indie Occidentali, il contrabbando e la guerra di corsa. La Royal Navy ne acquistò alcuni esemplari per usarli nella lotta al al contrabbando e nel pattugliamento costiero. Durante la Guerra di Indipendenza, i ribelli la impiegarono largamente per mantenere i collegamenti fra i vari settori di operazioni e per contrastare l’arrivo dei rifornimenti alle truppe inglesi. Appresa la lezione, questi ultimi se ne servirono in età napoleonica per mantenere il blocco alle coste sottomesse dai Francesi e per pattugliare le rotte oceaniche. Nella goletta, l’albero di maestra ha la stessa altezza o è più alto dellalbero di trinchetto, al contrario del ketch o dello yawl. In passato, sopra le rande venivano issate anche delle controrande, o frecce, che avevano lo scopo di aumentare la superficie velica e di bilanciare il bastimento. Nel corso dell’Ottocento, la goletta si diffuse come veliero da trasporto per navigazioni di corto e medio raggio. La lunghezza dello scafo poteva variare fra i 15 e i 40 m e la forma non si discostava molto da quella delle navi coeve, anche se aveva linee più slanciate. Con il passare del tempo e l’evoluzione delle tecniche costruttive, la grande poppa quadra venne sostituita da una a specchio e a volta più piccola, che successivamente divenne tonda, mentre la prora larga venne rimpiazzata con una dritta o a clipper. L’attrezzatura a tre alberi a vele auriche non era molto comune. In genere si preferiva adottare una velatura mista, a vele quadre e auriche, per combinare i vantaggi che offrivano entrambi i tipi. Ma la manovra delle vele quadre richiedeva un equipaggio numeroso, con un considerevole aggravio dei costi, mentre il livello dei noli non garantiva sempre il giusto margine di guadagno, specie per il trasporto di merci a basso valore unitario. Per questo molti armatori preferivano accontentarsi delle modeste prestazioni offerte dalle pesanti golette a due alberi. Tuttavia la progressiva crescita delle dimensioni dei bastimenti imponeva un aumento proporzionale della superficie velica, per non compromettere troppo le qualità nautiche. Ma il problema non poteva essere risolto confezionando delle vele auriche enormi, che avrebbero creato problemi di governabilità. Inoltre il centro velico si sarebbe spostato troppo in alto, facendo perdere stabilità al bastimento. Allora prevalse la soluzione di ottenere un congruo aumento della superficie velica accrescendo il numero degli alberi. In molti esemplari vennero collocate da una a tre vele quadre, le “gabbiole”, al posto della controranda di trinchetto, che venne sostituita da uno strallo di controvelaccino. L’idea si rivelò così soddisfacente da indurre molti costruttori a realizzare golette sempre più grandi, a quattro, cinque, sei e addirittura sette alberi, come l’americana “Thomas W. Lawson” (costruita a Quincy, Massachusetts, nel 1902), che potevano trasportare carichi pesanti e raggiungere elevate velocità pur con un equipaggio ridotto. La manovra delle vele era facilitata dall’adozione di cavi d’acciaio al posto di quelli di canapa e dall’uso di verricelli a vapore al posto di quelli manuali. Furono gli ultimi grandi velieri a percorrere le lunghe rotte oceaniche a scopo commerciale, quando ormai le navi a motore dominavano su tutti i mari.

Origine

Collezione Ernani Andreatta

Data

25 Marzo 2018

Tags

a vela

Informazioni

Il Museo è accolto nella caserma della Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate a Chiavari.

Per visite al Museo, trattandosi di istituzione militare, occorre prenotarsi con tre giorni di anticipo